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giovedì 28 ottobre 2010

Una dedica a.....


....Bruno Vespa e tutti i suoi fratelli....



Non gridate più



Cessate d'uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.


Hanno l'impercettibile sussurro,

Non fanno più rumore

Del crescere dell'erba,

Lieta dove non passa l'uomo.


Giuseppe Ungaretti
da Il dolore e Vita d'un uomo




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lunedì 25 ottobre 2010

Segreto del Poeta - Ungaretti


Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
D'attimo in attimo, non ore vane;
Ma tempo cui il mio palpito trasmetto
Come m'aggrada, senza mai distrarmene.

Avviene quando sento,
Mentre riprende a distaccarsi da ombre,
La speranza immutabile
In me che fuoco nuovamente scova
E nel silenzio restituendo va,
A gesti tuoi terreni
Talmente amati che immortali parvero,
Luce.

Giuseppe Ungaretti

da Vita d'un uomo e La terra promessa
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giovedì 21 ottobre 2010

Una poesia di Alda Merini





I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

Alda Merini
da Testamento
(nell'immagine il sonno del poeta di Irene Salvatori, olio su tela cm. 80 x 90
http://www.ilventoeleombre.splinder.com/)



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martedì 19 ottobre 2010

Vi presento un blog amico


Saper usare la penna, a volte, è come saper usare la spada. Ci sono persone che sanno far vibrare la penna proprio come fossero spadaccini professionisti. Conosco poche persone che hanno una tal dote. Piacerebbe anche a me saper dare dei grandi colpi di penna; a volte ci riesco, altre no. È comunque un'operazione difficile. Ci sono persone invece, che sanno far questo con assoluta naturalezza, sembrano nati con la penna in mano e pertanto sanno farne l'uso che preferiscono: sono giocolieri della parola, smontano e rimontano i discorsi a loro piacimento; logica e proprietà linguistiche si fondono creando effetti d'alta classe, eleganti, con totale naturalezza. Poi ti congratuli e loro ti rispondono che in fondo non hanno fatto niente di straordinario. Hanno forse un dono inconsapevole o si divertono a farne uso mascherando inconsapevolezza? E noi, umilmente poggiamo la nostra penna leggendo quella altrui, sorridendo ad ogni colpo, arrossendo dinanzi alla precisione chirurgica con la quale cuciono i loro discorsi, anche quando sembrano buttati casualmente in pasto al lettore mentre invece nascondono la più elegante delle trasposizione dalla logica mentale alla forma scritta. È con questo breve preambolo che voglio presentarvi la nascita di Raddoppiamento Fonosintattico, blog non mio, ma del quale conosco colui o colei che ne cura l'evolversi (e di cui non mi azzardo a svelarne l'identità).
Buona Lettura.
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lunedì 18 ottobre 2010

Il cimitero degli elefanti.


Una commedia amara di noi stessi quella che va in scena all'Auditorium Vallisa di Bari. Nicola Valenzano, regista e attore della compagnia locale Badathea, porta in scena dal 21 al 24 ottobre "Il cimitero degli elefanti" di Lilli Maria Trizio, vecchia conoscenza dei palcoscenici romani dove ha diretto per dieci anni il piccolo teatro Aut Aut.

Lo spettacolo focalizza l'attenzione sul declino della poesia e della filosofia che affligge il nostro tempo, nel nome di una concettualizzazione leggera dei grandi temi per renderli accessibili a masse sempre crescenti. Un obiettivo irrealizzabile, perché per poterlo raggiungere è necessario un impoverimento del linguaggio, un modo di comunicare più scarno, leggero, semplice, che si apra alle masse e alla collettività. Una ricerca di sapere collettivo che si tramuta in un impoverimento dello stesso e dei suoi canali. La poesia si appiattisce, nulla di nuovo viene creato, l'impresario si affida al remake: è proprio da qui, da questa amara presa di coscienza che nasce il cimitero degli elefanti. Padrona è e sarà la televisione, mostro che cannibalizza la cultura, l'arte, la forza espressiva del genio creativo. Lo spettacolo vede protagonista un giovane ragazzo, sospinto da una gran voglia di scrivere e sapere; diversi personaggi incontrerà sul proprio cammino (un editore, la figlia scrittrice, Omero, Montale, un impresario ed un filosofo con sua moglie), ma finirà anche lui il suo viaggio nelle fauci mediatiche della regina televisione. Una commedia dalle amare conclusioni, dai risvolti nostalgici per una grandezza che va di giorno in giorno affievolendosi. I grandi poeti e filosofi diventano ormai evanescenze in un mondo dove sempre più coscienze vengono fagocitate da quell'illusionistico bagliore, leggero, collettivo, divoratore di culture.

Il cimitero degli elefanti
di Lilli Maria Trizio

Regia di Nicola Valenzano
Compagnia Teatrale Badathea

Interpreti: Marco Pezzella (Il ragazzo), Saverio Desiderato (L’Editore), Carla Bavaro (La Ragazza), Leonardo Vasile (Omero), Giambattista De Luca (Montale), Fabrizio Fallacara (Impresario), Annamaria Vivacqua (Moglie del Filosofo), Francesco Colonna (Danzatore), Debora Traversa (Danzatore), Marika Mascoli (Danzatore). Le coreografie sono di Alessandra Lombardo e le musiche di Antonio Piscopello.
Costumi:Ideateatro.

Auditorium Vallisa, Bari
Strada Vallisa 2 (centro storico)
ore 21.00
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venerdì 15 ottobre 2010

Il mendicante


a Mary

Non voglio soldi
ma sogni,
un estinto sole
colto da una pozza
porto nel taschino

Sogni,
chi ne ha di più?

Raccatto scarti,
dei disillusi visi
faccio collane
che dono per strappare
alle dame i sorrisi.

Sogni,
ne avete ancora?

Non rubo
esploro macerie
per scovare parole
e maschere da indossare
davanti a uno specchio.

Sogni,
dei vostri son vivo!

di Matteo Di Stefano(nell'immagine Il Vecchio chitarrista cieco di Pablo Picasso)
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lunedì 11 ottobre 2010

La campana incrinata - La Cloche fêlée - The Flawed Bell

Com'è amaro e dolce, nelle notti d'inverno,
accanto al fuoco che palpita e fuma, ascoltare
i ricordi lontani elevarsi lentamente
al rintocco di campane che suonano nella nebbia!

Felice la campana dalla gola vigorosa
che, pur vecchia lancia fedelmente,
piena e viva, il suo grido religioso
come un vecchio soldato sotto la tenda all'erta!

Io no, io ho l'anima incrinatga; e quando annoiata
lei vuole riempire l'aria fredda delle notti con i canti,
capita spesso che la sua voce fievole

sembri il pesante rantolo d'un ferito dimenticato
in un lago di sangue, sotto un cumilo di morti,
che muore, senza muoversi, tra sforzi immensi.

- Charles Baudelaire, I Fiori del Male
(pubblicata il 9 aprile 1851 in "Le Messager de l'Assemblée")


Versione originale

La Cloche fêlée

II est amer et doux, pendant les nuits d'hiver,
D'écouter, près du feu qui palpite et qui fume,
Les souvenirs lointains lentement s'élever
Au bruit des carillons qui chantent dans la brume.

Bienheureuse la cloche au gosier vigoureux
Qui, malgré sa vieillesse, alerte et bien portante,
Jette fidèlement son cri religieux,
Ainsi qu'un vieux soldat qui veille sous la tente!

Moi, mon âme est fêlée, et lorsqu'en ses ennuis
Elle veut de ses chants peupler l'air froid des nuits,
II arrive souvent que sa voix affaiblie

Semble le râle épais d'un blessé qu'on oublie
Au bord d'un lac de sang, sous un grand tas de morts
Et qui meurt, sans bouger, dans d'immenses efforts.

- Charles Baudelaire, Le Fleurs du Mal


Versione inglese

The Flawed Bell

It is bitter and sweet on winter nights
To listen by the fire that smokes and palpitates,
To distant souvenirs that rise up slowly
At the sound of the chimes that sing in the fog.

Happy is the bell which in spite of age
Is vigilant and healthy, and with lusty throat
Faithfully sounds its religious call,
Like an old soldier watching from his tent!

I, my soul is flawed, and when, a prey to ennui,
She wishes to fill the cold night air with her songs,
It often happens that her weakened voice

Resembles the death rattle of a wounded man,
Forgotten beneath a heap of dead, by a lake of blood,
Who dies without moving, striving desperately.

— William Aggeler, The Flowers of Evil (Fresno, CA: Academy Library Guild, 1954)
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martedì 5 ottobre 2010

La Locanda

...il vento spegne le candele e ravviva il fuoco.

Raccontami
della tua locanda
degli uomini soli
dei loro inchini
su fascinose mani.

Matteo Di Stefano
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Essenzialità in pochi versi



Senza Titolo (1932)


Quando ogni luce è spenta
E non vedo che i miei pensieri,

Un'Eva mi mette sugli occhi
La tela dei paradisi perduti.

___________________

Preludio (1934)

Magica luna, tanto sei consunta
Che, riempendo il slenzio,
Poggi sui vecchi lecci dell'altura,
Un velo lubrico.


___________________

Silenzio Stellato (1932)

E gli alberi e la notte
Non si muovono più
Se non dai nidi.


Giuseppe Ungaretti, da Sentimento del Tempo (1919-1935)
Presenti nell'antologia Vita d'un Uomo.



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