giovedì 16 febbraio 2012

Mumble mumble, Emanuele Salce si confessa al Teatro Belli



Non è facile per nessuno crescere nell'ombra. Spettri, che s'appoggiano spesso su spalle giovani e l'accompagnano, le seguono, senza abbandonarle nemmeno in età adulta. A volte sono le aspettative che vengono proiettate su di noi, altre sono l'ombra imponente dei nostri cari. Scrollarsele di dosso per muovere i propri passi soli è complicato.
È stato certamente così per Emanuele Salce, figlio naturale di Luciano Salce, adottivo di Vittorio Gassman il quale sposò sua madre. Due figure giganti, che in qualche modo lo hanno accompagnato ma anche un po' tormentato. E diventa complesso cercare di essere qualcosa di diverso del "figlio di". Soprattutto in un paese in cui l'ereditarietà del mestiere è pratica diffusa. Emanuele Salce ha provato a resistere alla tentazione di intraprendere la vita artistica, eppure - come Wilde insegna - l'unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi. Ed Emanuele Salce ha ceduto, è diventato un artista, un attore - sebbene lui stesso sostiene di non sapere se sarà il suo mestiere definitivo - ha percorso il sentiero scavato da quei padri alti come montagne. A suo rischio e pericolo, perché sempre ci sarà chi si lascia andare ai paragoni, o qualche maligno che sosterrà la tesi della "strada spianata".
Due figure che in un certo senso lo hanno guidato, trascinandosi assieme al suo percorso di uomo. Ed è anche, forse, il tentativo di liberarsi di un peso Mumble Mumble, lo spettacolo di Emanuele Salce e Andrea Pergolari in scena al Teatro Belli fino al 19 febbraio. Salce stesso è il protagonista, con un racconto molto intimo e coraggioso, una pubblica confessione dalla tragica comicità. Sogni, paure, ansie dell'Emanuele Salce uomo e attore, il quale attraverso una narrazione sospesa tra amore e morte si libera, si mostra, si spoglia di intime ossessioni. Ricordando sì, ma prendendosi i suoi spazi, i suoi momenti, facendosi bagnare dal fascio di luce che ironicamente finge di non saper prendere: non come lo faceva suo padre. Sa perfettamente che qualcuno avrà pensato almeno una volta a Vittorio o Luciano, ma non teme quelle ombre, scherza e sorride con tagliente ironia. Gioca abilmente e freneticamente - modellando a suo piacimento le battute di un testo corrosivo e dall'intenso crescendo drammaturgico - con i ricordi, usando la propria voce, anch'essa pulita e profonda, pronta ad aprire una finestra, a lasciar scrutare un ripostiglio di vecchie immagini; pronta a raccontare, schiettamente, spietatamente, a far sobbalzare di risate il nutrito pubblico sulle poltrone; pronta a lasciarsi andare facendo i conti con l'intimo, l'arte, la vita. Nel tentativo di conciliare l'attrazione per una verità assoluta e il contatto con la relatività dell'esistente, riflessioni sulla morte ed europei di calcio, citazioni letterarie e rocambolesche avventure australiane, prima di andare in scena con un'azzardata versione per attore solo de "I fratelli Karamazov", nella solitudine di un camerino improvvisato in una piccola provincia italiana, in attesa che si faccia vivo almeno il primo spettatore. A far da contraltare l'ironico e simpatico personaggio/spettatore Paolo Giommarelli, ora complice ora provocatore.
Ha ceduto alla tentazione Emanuele Salce, e in questo non troviamo assolutamente niente da recriminare. Figlio, orfano, erede d'arte degno di applausi.

Recensione a cura di Alessandro Giova


MUMBLE MUBLE
(Ovvero confessioni di un orfano d'arte)
di Emanuele Salce e Andrea Pergolari
con Emanuele Salce e Paolo Giommarelli
Ufficio Stampa: Rocchina Ceglia

TEATRO BELLI
Piazza Sant'Apollonia 11/a, Roma
dal 14 al 19 febbraio.
Orari: da martedì a sabato ore 21.00 - domenica ore 17.30
Biglietti: intero €18.00 - ridotto €10.00 con Atrapalo (prenota online e paga in biglietteria)


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