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giovedì 22 dicembre 2011

Il calabrone, l'amicizia... - Alberto Bevilacqua

...nell'inerzia mattutina
mi punzecchia un calabrone:
credo voglia ricordarmi
che io mi ero amico, un tempo, un amico discreto
- vivevamo noi due in una buona incomprensione:
purché innocente l'uno,
purché l'altro dissoluto
ma per una scherzosità libertina

capriccioso a volte esige che mi arrabatti con lui
per spiaccicarlo ai vetri,
ma il calabrone lo sa
che non saprei ammazzare neanche una mosca,
nemmeno di una formica
potrei cancellare la lenta calligrafia
del suo passo sul foglio di una mia poesia
- m'incanta quella minuscola ebbrezza passeggera
d'esser parte di un verso

le cose prendono il nostro contorno di bello
- io e il calabrone
due immagini ina una persino voluttuose:
voliamo beffardi di noi infine
nell'aria del soleggiato giardino,
volo di amici che altri ne raduna:
l'aiuola ablunga di viole, un muro
di rampicanti dal colore indovino

non più l'effimera morte
del suo residuo di vita
l'inseguo
ma per cacciarne la fine dal suo volo,
e valga il sospetto:
per cacciarne una mia ombra già
a taglio nel cuore, di uomo solo
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giovedì 1 dicembre 2011

Una notte ho capito, ho carpito..

(nell'immagine: un'opera di Magritte)

Già per il semplice fatto di aver scelto di fare questo mestiere
non siete persone normali (cit.)

***

Strani esseri popolano la città di notte. Io sono uno di quelli...
Muovendo, senza pretese di orari, attendo di arrivare a destinazione, sulla mia brandina arrangiata in uno spazio che non è casa, ma habitat, rifugio. L'N25 partirà alle 3.05, si assottiglia il tempo. Forse si chiuderanno gli occhi mentr'altri si schiudono, poi sarà nuovo giorno, anche per me che non ho dimora, se non nella mia anima.
Scruto il cielo, coperchio dell'eterna città, solo tre stelle vedo. È una volta spoglia che ingurgita i lamenti dei relitti umani che chiedono perdono a sé stessi.
Percepisco un bagliore e sono io, io che m'infiammo come una stella ardente. È questa la vita che voglio fare. Non ho orari, solo voglia della mia arte e di viver persone. Per questo basta paure. Illuminarsi, nel buio, di un raggiante universo sommerso. Non serve altro che una strada, una direzione, una possibile deviazione. Tutto è superfluo, perché ci danniamo tanto per l'inessenziale? Abbiamo tutto, abbiamo noi stessi. Il resto sono essenzialistà di plastica, accessori che vogliamo possedere, i quali possedendo ci posseggono. Basta con l'inseguire le vane luci, i miraggi, cerca te stesso, troverai l'oasi della consapevolezza. Così t'accorgi che basta poco per esser vivi davvero, liberi, mentre si staccano e planano oscillanti foglie gialle.
Ah, mani gelide, che ancora trovate l'ardore per tramutare sentimenti in parole!
Questo, questo e null'altro è ciò che reclamo rannicchiato e intirizzito in un angolo della notte. Una tracolla di sogni conservati con cura: non è mai troppo tardi per sperare, è sempre un ottimo giorno per lottare. Illusioni? Vince chi lotta: ed è una guerriglia silenziosa e scura consumata con esseri che russano, quasi decomposti; umani sinceri gli umani della notte di cui gli umani del giorno temono lo sguardo. Ma essi hanno occhi che non mentono, non han pudori, puoi scorreggiare forte. Paura. Non io, che mi trovo a metà.
Lotta, lotta per un sogno di Libertà, sorseggiata a fiotti da un cielo piombo.
E poi... antichi volti apparsi inaspettati dall'ombra, un panino ad ingannare l'attesa e il gelo, il Tevere che scorre gorgogliante di scorie. Ah, eterno fiume, tu vivi! Tu sopravviverai a noi carcasse del tempo limitato; troppo per ridurlo a ghirlanda decorativa dell'inutilità.
Ah, come brucia il freddo. E ancora punge quest'attimo, rovente, 4.20... l'ambito premio ruggente, vibrante, ah, mio Caronte, mio ultimo viaggio, linea N24! Ultimi sussulti, ultimi metri, ultimi scorci della notte che fu: un teatro, una birra, una lunga camminata per non lasciar in balia di fauci bavose una giovane donzella, Romeo e Giulietta, Ubu Re, Foscolo e Pascoli, un monologo, lo stesso da cui tutto partì: "mi hanno sistemato con un pezzo di carta" e con un pezzo di carta ti sistemo, oh notte! Poi, ancora, il buio e chi si risveglia già, gli umani del giorno si destano, con le paure, con le prigioni. "...con un pezzo di carta.." da lì partii, per ritrovarmi ora qua con una penna a lacerare l'oscurità. Un'attesa infinita, poi, la dimora, l'habitat, rifugio, meta. Io vivo, io lotto, io, libero in volo. Fine. Inizio..

Matteo Di Stefano
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venerdì 18 novembre 2011

E se non puoi la vita che desideri - Konstantinos Kavafis

(nell'immagine: Autoritratto n.2 di Davide Disca)

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.

Non sciuparla portandola in giro
in balìa del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.


Kavafis Konstantinos
da Settantacinque poesie


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lunedì 7 novembre 2011

Fortuna - Silvia Scotto d'Antuono

http://2.bp.blogspot.com/_RMFUYvirAQs/TSimSGF-4SI/AAAAAAAAAGc/ACmMNdFH0Oc/s1600/magritte.jpg
(nell'immagine: gli amanti di René Magritte)

Silvia Scotto d'Antuono è una giovane attrice e poetessa romana. Questa poesia è tratta dalla sua prima raccolta La Donna e il Poeta - dedicata ad Alda Merini, alle donne e alle dee - che raccoglie una selezione dei lavori che vanno dalla maturità ad oggi.

***
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Mischiate le carte del nostro amore
si estrae la fortuna dall'urna della sorte.
Ho scelto una bambina
dai riccoli d'oro
bendata
affinché non vedesse
l'osceno pulsare di questa passione.

Di te ho riempito le notti
come d'un profumo d'unguento
che fa dolce il riposo.

Sono andata alla messa del Venerdì Santo
e ho unito le lacrime mie
con l'acqua di Dio.

Laverò così le tue piaghe
quando tornerai dalla guerra
e veglierò le tue notti
in preda al delirio.

Ho parlato alla Maga
e sorriso al suo amante indovino
per avere certezza del mio nuovo destino.



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domenica 6 novembre 2011

E poi...

http://www.bcreative.al/wp-content/uploads/2010/11/beautiful-2ddrawings-2d38.jpg
(nell'immagine: un dipinto di Vladimir Kush)

Siedi sul tuo muretto interiore
mangi luce nutrendo ombre
sgusci involucri senza guscio
hai un vascello ma non il mare
apri lo scrigno ed è vuoto
conti le dita e non bastano
dopo una porta un'altra porta
spira il vento e volano i fogli.

Matteo Di Stefano
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sabato 5 novembre 2011

Il Dono

http://www.maurocolombo.com/i-dipinti-dell-artista-mauro-colombo/dipinto-mauro-colombo-come-saro-da-grande-g.png
(nell'immagine: come sarò da grande, dipinto di Mauro Colombo)

Dammi acqua
perché non muoia

Dammi la rugiada
perché io sia erba

Dammi il sole
affinché possa vedere

Dammi una strategia
di pura sopravvivenza.

Matteo Di Stefano

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giovedì 3 novembre 2011

Bufera di sensi

http://www.codart.nl/images/RubensMedusaCa1615Hermitage.jpg
(nell'immagine: Medusa di Rubens)


Il sordido Tevere è esondato
dell'aver troppo versato
lacrime - anima mia, beltà -
pel nostro coro languente.

Sotto un macigno divelto
alla taciturna mia quiete
massacrato d'amore e peste
ho sgocciolato riverso;

di giorni felici un'eco
ancor ferisce e cuce scabra
la notte sanguinolenta, ultima
e prima; morta, e poi viva.
Matteo Di Stefano

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lunedì 31 ottobre 2011

Le tre parole più strane - Trzy Slowa Najdziwniejsze - The Three Oddest Words

(nell'immagine: un dipinto di Joan Mirò)

Poesia di Wisława Szymborska, poetessa polacca e vincitrice del Nobel per la letteratura nel 1996.
Futuro, Silenzio, Niente, tre strane parole esorcizzate in pochi versi, messe a nudo e private della loro particolare natura attraverso la poesia. Perché la poesia è un eterno presente che oltrepassa i tempi; perché la poesia è il suono dell'anima che silenziosamente prende vita su un foglio di carta e in esso si esalta nel suo canto muto; perché poesia può essere tutto, fuorché Niente.

***

Quando pronuncio la parola Futuro
la prima sillaba va già nel passato.

Quando pronuncio la parola Silenzio,
lo distruggo.

Quando pronuncio la parola Niente,
creo qualcosa che non entra in alcun nulla.



Traduzione di Pietro Marchesani



Lingua originale: Trzy Slowa Najdziwniejsze


Kiedy wymawiam słowo Przyszłość,
plerwsza sylaba odchodzljuż do przeszłści.

Kiedy wymawiam słowo Cisza, niszcz ęją.

Kiedy wymawiam słowo Nic,
stwarzam coś, co nie mieści się w żadnym niebycie.


English version: The Three Oddest Words


When I pronounce the word Future,
the first syllable already belongs to the past.

When I pronounce the word Silence,
I destroy it.

When I pronounce the word Nothing,
I make something no non-being can hold.



Translated by S. Baranczak & C. Cavanagh



Wislawa Szymborska
da Attimo. Testo polacco a fronte


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venerdì 21 ottobre 2011

10 minuti di fluidità

http://www.enricogenovesi.com/img/sogno-part.jpg
(nell'immagine: Sogno, di Enrico Genovesi)


14.23, da un secondo, il dito schiaccia il suo primo tasto. Vorrei, sentire il vento che mi scaraventa indietro, mentre canto ritto sul tetto di una macchina in corsa sulla Route 66. Il brivido del disequilibro, il deserto, il vento, la voce che lotta col l'aria violenta schiacciata nella bocca. Il volo, lo schianto, mille frammenti, il suono di una chitarra che non demorde. Vorrei, disperdermi come spuma negli oceani di un cielo liquido, navigare o rinchiudermi in uno smeraldo verde, discendere all'inferno, giocare a scacchi una partita di vita o morte. Dieci esistenze, vorrei; una per ogni cosa, per ogni follia, per ogni scelta, per i più grandi sbagli, per i più grandi romanzi, per sperimentare l'assenza di ritorno. Una per potermi suicidare e raccontare alle altre nove cosa sono quei pochi attimi tra noi e lo schianto. Una per poter uccidere ed assaporare il sangue altrui, per invecchiare in una cella umida e riluttante, in compagnia di topi. Dieci respiri, alla ricerca di un senso, dell'imprevedibile, della condanna, dell'ascesa, della felicità, del nero più nero che annega nel bello. Galleggiare, variopinte voluttà, instabilità vaganti e trampoli, alti, fino a dissolute galassie del tempo passato. Incontrare Dio, provando stupore e quasi felicità; rallegrarsi che in fondo ti eri sbagliato. Godersi il momento del divino, arrancare, ridere, follemente, cercando infine qualcosa che sia più grande ancora di Dio. E non c'è mai limite alla sete. Sete, d'eternità, di riempire il proprio involucro vuoto, svuotato, ogni volta, senza posa. Sete...
Le 14.33, ucciso, ancora una volta, dal tempo.
Matteo Di Stefano


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mercoledì 19 ottobre 2011

Potessi almeno costringere - E. Montale

http://www.maurocolombo.com/i-dipinti-dell-artista-mauro-colombo/dipinto-mauro-colombo-la-maschera-g.png
(nell'immagine: un dipinto di Mauro Colombo)

***

Potessi almeno costringere
in questo mio ritmo stento
qualche poco del tuo vaneggiamento;
dato mi fosse accordare
alle tue voci il mio balbo parlare: —
io che sognava rapirti
le salmastre parole
in cui natura ed arte si confondono,
per gridar meglio la mia malinconia
di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.
Ed invece non ho che le lettere fruste
dei dizionari, e l’oscura
voce che amore detta s’affioca,
si fa lamentosa letteratura.
Non ho che queste parole
che come donne pubblicate
s’offrono a chi le richiede;
non ho che queste frasi stancate
che potranno rubarmi anche domani
gli studenti canaglie in versi veri.
Ed il tuo rombo cresce, e si dilata
azzurra l’ombra nuova.
M’abbandonano a prova i miei pensieri.
Sensi non ho; né senso. Non ho limite.

Eugenio Montale
Ossi di Seppia


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