giovedì 28 ottobre 2010

Una dedica a.....


....Bruno Vespa e tutti i suoi fratelli....



Non gridate più



Cessate d'uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire,
Se sperate di non perire.


Hanno l'impercettibile sussurro,

Non fanno più rumore

Del crescere dell'erba,

Lieta dove non passa l'uomo.


Giuseppe Ungaretti
da Il dolore e Vita d'un uomo




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lunedì 25 ottobre 2010

Segreto del Poeta - Ungaretti


Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
D'attimo in attimo, non ore vane;
Ma tempo cui il mio palpito trasmetto
Come m'aggrada, senza mai distrarmene.

Avviene quando sento,
Mentre riprende a distaccarsi da ombre,
La speranza immutabile
In me che fuoco nuovamente scova
E nel silenzio restituendo va,
A gesti tuoi terreni
Talmente amati che immortali parvero,
Luce.

Giuseppe Ungaretti

da Vita d'un uomo e La terra promessa
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domenica 24 ottobre 2010

Giorni Felici, un'apoteosi di luce.




Rappresentare un testo come Giorni Felici di Samuel Beckett è un'impresa ardua, anche per uno come Robert Wilson. La genesi del testo elimina alla base uno degli ingredienti fondamentali di una rappresentazione teatrale: il movimento. Principale personaggio della pièce è Winnie, una donna sulla cinquantina sepolta fino alla vita in un alto cumulo di terra. Ha una sporta nera all'interno della quale ha diversi oggetti quali pettine, spazzolini, dentifricio, una lima, un parasole e una rivoltella che accarezza e bacia. Può comunicare solo attraverso la parola, i movimenti delle mani e la mimica facciale. Suo marito (sempre di spalle al pubblico, fino alla fine della pièce quando striscia davanti alla moglie), vive in una cavità posteriore del cumulo, pronuncia soltanto monosillabi e parole strascicate per confermare alla moglie che riesce ad ascoltarla. Sebbene possa ancora muoversi, Willie si muove soltanto strisciando.
Nel seconda atto, Winnie è sepolta fino al collo, ormai neanche e mani possono aiutarla a comunicare. Nonostante questo Winnie non perde il suo ottimismo, è felice della sua esistenza o almeno così cerca di far credere, scacciando da se stessa l'idea di un'esistenza vuota. Un capolavoro di scrittura, un testo dalle molteplici interpretazioni che porta all'estremo la condizione esistenziale, sottolinea il dramma dell'antiazione, della vuotezza d'animo, della fuga dalle proprie angoscie. Se lo si leggesse, si arriverebbe alla conclusione che i due siano una normale coppia borghese la quale quotidianamente parla di tutto e di niente per riempire il vuoto. La situazione fisica porta la vicenda ai limiti dell'assurdo evidenziando l'impossibilità dell'individuo di mutare la propria posizione.

Con tali premesse si comprende agevolmente che il testo è di difficile rappresentazione. L'allestimento di Wilson gioca appunto sull'elemento visivo creando un'ambientazione psichedelica e irreale, con luce bianca fortissima che spinge lo spettatore all'illusoria sensazione del sogno. Molto spesso si ha l'impressione di guardare un cartone animato, proprio a causa di quell'illuminazione non naturale ed inusualmente elettrica; anche i suoni, spesso accompagnati al gesto, sembrano tratti dal mondo dei cartoni. Luci, suoni e parola, si fondono così in tuttuno affascinante, in una sincronizzazione perfetta. La bravura di Adriana Asti da un surplus alla rappresenazione, ma l'elemento visivo estremo sovrasta l'elemento concettuale presente nel testo: il dramma non è stato portato al massimo del suo potenziale. L'uso della tecnica permette giochi un tempo impensabili, agevola la creazione di situazioni evocative, ma al tempo stesso da la sensazione di un uomo subordinato alla macchina. In ogni caso, la scelta è semplice e d'effetto: un enorme pannello bianco alle spalle di Winnie alterna situazioni di luce e di buio attraverso variazioni graduali e impercettibili. Un'apoteosi visiva, una luce bianca e abbagliante che raggiunge comunque lo scopo di creare una situazione di vuoto nella quale lo sguardo viene catturato dal cumulo nero e stazionario; un vuoto che quotidianamente si trasferisce nel suono di una sveglia, in un sole che sorge nel dramma reiterato di vivere un giorno felice.

Recensione a cura di Alessandro Giova
(visto al Teatro Valle il 23/10/2010)

Giorni Felici
di Samuel Beckett

Regia, scene e luci di Robert Wilson
con Adriana Asti, Giovanni Battista Storti
Teatro Valle 15.24 Ottobre


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giovedì 21 ottobre 2010

Una poesia di Alda Merini





I poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.
I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.
Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

Alda Merini
da Testamento
(nell'immagine il sonno del poeta di Irene Salvatori, olio su tela cm. 80 x 90
http://www.ilventoeleombre.splinder.com/)



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mercoledì 20 ottobre 2010

Delitto Pasolini, remake di un giallo irrisolto


Pier Paolo Pasolini

Qual è la verità sul delitto Pasolini? Ucciso per un complotto fascista, morto per una macabra storia di prostituzione giovanile o immolatosi per esser mito? Di verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini, oltre a quella processuale che ha portato alla condanna del 17enne Pino Pelosi, ne esistono tante. Fu trovato morto presso l'idroscalo di Ostia la mattina del 2 novembre 1975; il suo corpo, irriconoscibile, portava i segni di un macabro massacro: bastonato e poi schiacciato dalle ruote della sua stessa macchina. A distanza di trent'anni, quella prematura e tragica morte, non smette di ossessionarci. Un giallo irrisolto del quale ognuno conserverà la propria verità.
"Delitto Pasolini - una considerazione inattuale", scritto e diretto da Leonardo Ferrari Carissimi per CK Teatro, ripercorre la memoria di quella mattina di novembre in cui si spense la voce del Poeta friulano. È lo stesso Ferrari a narrare nelle vesti di un giovane aspirante scrittore che sognava di essere come Pasolini; racconta, di quel che è stato, di quelle venti mila lire offerte da Pasolini ad un giovane romano per "farsi dare una toccatina"; poi, il mistero, la fine, il massacro. La scena è spaccata in due: le lamiere metalliche di un cantiere, un manifesto del PCI, la portiera di una vecchia auto, qualche copertone abbandonato, due attori ai due lati del palco. Si ripercorrono i fatti, le teorie, le mistificazioni e i complotti, le verità apparenti e quella che, a dire di Giuseppe Zigaina amico pittore di Pasolini, è l'unica verità: Pasolini organizza la propria morte per esprimere ciò che altrimenti sarebbe rimasto inespresso, attraverso il proprio corpo inerme il poeta ha voluto ricercare un nuovo linguaggio, realistico e mitico al tempo stesso. È questa la stessa verità a cui vuole giungere lo spettacolo, alternando alla narrazione intermezzi tratti dalle stesse parole del Poeta. Una voce registrata avvolge la sala magicamente buia, lo spirito di Pasolini rivive per mezzo delle sue parole e di una proiezione su telo bianco sul quale appariva l'iconografia pasoliniana coi suoi tipici occhiali da sole. È allora così che andarono le cose? Pasolini vide la propria morte? Questo è ciò che - oltre dalla tesi dell'amico Zigaina - emerge dai versi pasoliniani: vide la propria morte, la immaginò, si sentiva vicina ad essa e finì profeticamente come egli stesso aveva sognato. Amava la vita dissero a sinistra, la sua era una voce scomoda; era uno sporco frocio comunista che andava in giro a scoparsi giovanotti per quelli di destra; era ed è una superstar, come James Dean, per Leonardo Ferrari Carissimi.

Far rivivere attraverso il linguaggio teatrale l'ipotesi di una morte mistica è ciò che Ck Teatro ha voluto trasmettere, o ha tentato di trasmettere. Di fatto, l'intera rappresentazione manca di numerosi elementi per far vivere con forza la storia. Voleva essere una speculazione intellettuale; non lo è stata, riducendosi piuttosto ad una monocorde cronistoria di fatti già noti. Elencazione di quel che gli uni e gli altri dicono, contrapposto a quel che gli uni e gli altri rifiutano. Staticità, vibrazioni che mancano, narrazione blanda e ridondante, il fascino del mistero che si spegne come un fuoco in assenza di combustibile. Il teatro di narrazione non è mai contraddistinto da grande azione, l'azione è dettata dalla parola e se la parola non detta l'azione tutto diviene statico, vacuo, spento. Le stesse parole di Pasolini, tratte da poesie come Frammenti alla Morte e Ballata delle Madri (diligentemente scelte), producono cacofonie, distorte da una voce che pare quella delle omelie domenicali; la proiezione distrae, si prende l'attenzione che meriterebbero i versi e l'unica soluzione è chiudere gli occhi per non farsi rapire dal fantasma proiettato sulla scena. Un esperimento da rivedere e d'arricchire: manca infatti, una reale indagine, una forza espressiva che renda reale - almeno sulla scena - quella che è soltanto un'ipotesi. Forse andava posta più attenzione al testo, alla ricerca, per colmare quel vuoto narrativo e ricucire così, quel fil rouge spezzato tra la narrazione e l'audio poetico che avrebbero dovuti fondersi in un tuttuno unitario: un'unica, grande, ipotesi espressiva che assumesse la forza della verità.

Tuttavia, non mi sento di sconsigliarvi questo spettacolo; questo perché, sebbene non si sia prodotto un risultato eccellente, va sempre sostenuto il teatro, sostenuto e criticato, perché solo così si raggiunge una piena maturazione. Inoltre, non c'è spettacolo teatrale che non possa essere preferito alla televisione.

Recensione a cura di Matteo Di Stefano

Delitto Pasolini - una considerazione inattuale

Waiting for Superstar

scritto e direto da Leonardo Ferrari Carissimi e Fabio Morgan.
Con: Leonardo Ferrari Carissimi, Fabio Morgan e Anna Favella.

Teatro dell'Orologio, via dei Filippini 17/a, Roma.
Da venerdì 15 al 24 ottobre.
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martedì 19 ottobre 2010

Vi presento un blog amico


Saper usare la penna, a volte, è come saper usare la spada. Ci sono persone che sanno far vibrare la penna proprio come fossero spadaccini professionisti. Conosco poche persone che hanno una tal dote. Piacerebbe anche a me saper dare dei grandi colpi di penna; a volte ci riesco, altre no. È comunque un'operazione difficile. Ci sono persone invece, che sanno far questo con assoluta naturalezza, sembrano nati con la penna in mano e pertanto sanno farne l'uso che preferiscono: sono giocolieri della parola, smontano e rimontano i discorsi a loro piacimento; logica e proprietà linguistiche si fondono creando effetti d'alta classe, eleganti, con totale naturalezza. Poi ti congratuli e loro ti rispondono che in fondo non hanno fatto niente di straordinario. Hanno forse un dono inconsapevole o si divertono a farne uso mascherando inconsapevolezza? E noi, umilmente poggiamo la nostra penna leggendo quella altrui, sorridendo ad ogni colpo, arrossendo dinanzi alla precisione chirurgica con la quale cuciono i loro discorsi, anche quando sembrano buttati casualmente in pasto al lettore mentre invece nascondono la più elegante delle trasposizione dalla logica mentale alla forma scritta. È con questo breve preambolo che voglio presentarvi la nascita di Raddoppiamento Fonosintattico, blog non mio, ma del quale conosco colui o colei che ne cura l'evolversi (e di cui non mi azzardo a svelarne l'identità).
Buona Lettura.
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lunedì 18 ottobre 2010

Il cimitero degli elefanti.


Una commedia amara di noi stessi quella che va in scena all'Auditorium Vallisa di Bari. Nicola Valenzano, regista e attore della compagnia locale Badathea, porta in scena dal 21 al 24 ottobre "Il cimitero degli elefanti" di Lilli Maria Trizio, vecchia conoscenza dei palcoscenici romani dove ha diretto per dieci anni il piccolo teatro Aut Aut.

Lo spettacolo focalizza l'attenzione sul declino della poesia e della filosofia che affligge il nostro tempo, nel nome di una concettualizzazione leggera dei grandi temi per renderli accessibili a masse sempre crescenti. Un obiettivo irrealizzabile, perché per poterlo raggiungere è necessario un impoverimento del linguaggio, un modo di comunicare più scarno, leggero, semplice, che si apra alle masse e alla collettività. Una ricerca di sapere collettivo che si tramuta in un impoverimento dello stesso e dei suoi canali. La poesia si appiattisce, nulla di nuovo viene creato, l'impresario si affida al remake: è proprio da qui, da questa amara presa di coscienza che nasce il cimitero degli elefanti. Padrona è e sarà la televisione, mostro che cannibalizza la cultura, l'arte, la forza espressiva del genio creativo. Lo spettacolo vede protagonista un giovane ragazzo, sospinto da una gran voglia di scrivere e sapere; diversi personaggi incontrerà sul proprio cammino (un editore, la figlia scrittrice, Omero, Montale, un impresario ed un filosofo con sua moglie), ma finirà anche lui il suo viaggio nelle fauci mediatiche della regina televisione. Una commedia dalle amare conclusioni, dai risvolti nostalgici per una grandezza che va di giorno in giorno affievolendosi. I grandi poeti e filosofi diventano ormai evanescenze in un mondo dove sempre più coscienze vengono fagocitate da quell'illusionistico bagliore, leggero, collettivo, divoratore di culture.

Il cimitero degli elefanti
di Lilli Maria Trizio

Regia di Nicola Valenzano
Compagnia Teatrale Badathea

Interpreti: Marco Pezzella (Il ragazzo), Saverio Desiderato (L’Editore), Carla Bavaro (La Ragazza), Leonardo Vasile (Omero), Giambattista De Luca (Montale), Fabrizio Fallacara (Impresario), Annamaria Vivacqua (Moglie del Filosofo), Francesco Colonna (Danzatore), Debora Traversa (Danzatore), Marika Mascoli (Danzatore). Le coreografie sono di Alessandra Lombardo e le musiche di Antonio Piscopello.
Costumi:Ideateatro.

Auditorium Vallisa, Bari
Strada Vallisa 2 (centro storico)
ore 21.00
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venerdì 15 ottobre 2010

Il mendicante


a Mary

Non voglio soldi
ma sogni,
un estinto sole
colto da una pozza
porto nel taschino

Sogni,
chi ne ha di più?

Raccatto scarti,
dei disillusi visi
faccio collane
che dono per strappare
alle dame i sorrisi.

Sogni,
ne avete ancora?

Non rubo
esploro macerie
per scovare parole
e maschere da indossare
davanti a uno specchio.

Sogni,
dei vostri son vivo!

di Matteo Di Stefano(nell'immagine Il Vecchio chitarrista cieco di Pablo Picasso)
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martedì 12 ottobre 2010

Feltrinelli e Legambiente mettono a fuoco il pianeta!




"Mettere a fuoco il pianeta" non ha lo stesso significato di "dare fuoco al pianeta"; vuol dire piuttosto focalizzare l'attenzione sulla terra, sentire il suo respiro asmatico, ricercare forme di comunicazione e commercio finalizzati al raggiungimento di sostenibilità e nuovi modelli di sviluppo.
Proprio questo è l'obiettivo dell'iniziativa promossa da La Feltrinelli e Legambiente. A partire dal 13 Ottobre fino al 15 Novembre, si svolgeranno all'interno dei punti vendita Feltrinelli incontri, dibattiti e proposte sulla sostenibilità. Per avere un quadro dettagliato basta andare sul sito laFeltrinelli.it e avere una panoramica generale dell'evento nelle varie città.

Un'iniziativa importante, che vede tra l'altro il lancio degli scaffali della solidarietà, del quale però non si sa ancora molto sebbene un qualcosa sia vagamente intuibile.
Il 31 ottobre invece, sarà certamente la giornata più importante dell'evento. La Feltrinelli infatti, per ogni prodotto venduto destinerà 30 centesimi per piantare nuovi alberi a Pollica (Sa), nel Parco del Cilento, portando così avanti la battaglia dell'ex Sindaco Angelo Vassallo rimasto ucciso in un agguato. Un'iniziativa che, se dovesse portare buoni frutti, potrebbe essere reiterata in altre occasioni, istituendo magari in futuro una giornata nazionale che coinvolga tanti altri editori. Far coesistere teoria e pratica della sostenibilità, attraverso la restituzione alla terra di una porzione di ciò che viene preso: infatti, quel libro aperto sulle vostre ginocchia, un tempo era un albero ed è senz'altro giusto che gli editori si facciano promotori di attività di riforestazione (e non solo di modelli teorici in formato cartaceo). Si potrebbe allora canticchiare: per fare un libro ci vuole un albero, per fare un albero ci vuole un libro.



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lunedì 11 ottobre 2010

La campana incrinata - La Cloche fêlée - The Flawed Bell

Com'è amaro e dolce, nelle notti d'inverno,
accanto al fuoco che palpita e fuma, ascoltare
i ricordi lontani elevarsi lentamente
al rintocco di campane che suonano nella nebbia!

Felice la campana dalla gola vigorosa
che, pur vecchia lancia fedelmente,
piena e viva, il suo grido religioso
come un vecchio soldato sotto la tenda all'erta!

Io no, io ho l'anima incrinatga; e quando annoiata
lei vuole riempire l'aria fredda delle notti con i canti,
capita spesso che la sua voce fievole

sembri il pesante rantolo d'un ferito dimenticato
in un lago di sangue, sotto un cumilo di morti,
che muore, senza muoversi, tra sforzi immensi.

- Charles Baudelaire, I Fiori del Male
(pubblicata il 9 aprile 1851 in "Le Messager de l'Assemblée")


Versione originale

La Cloche fêlée

II est amer et doux, pendant les nuits d'hiver,
D'écouter, près du feu qui palpite et qui fume,
Les souvenirs lointains lentement s'élever
Au bruit des carillons qui chantent dans la brume.

Bienheureuse la cloche au gosier vigoureux
Qui, malgré sa vieillesse, alerte et bien portante,
Jette fidèlement son cri religieux,
Ainsi qu'un vieux soldat qui veille sous la tente!

Moi, mon âme est fêlée, et lorsqu'en ses ennuis
Elle veut de ses chants peupler l'air froid des nuits,
II arrive souvent que sa voix affaiblie

Semble le râle épais d'un blessé qu'on oublie
Au bord d'un lac de sang, sous un grand tas de morts
Et qui meurt, sans bouger, dans d'immenses efforts.

- Charles Baudelaire, Le Fleurs du Mal


Versione inglese

The Flawed Bell

It is bitter and sweet on winter nights
To listen by the fire that smokes and palpitates,
To distant souvenirs that rise up slowly
At the sound of the chimes that sing in the fog.

Happy is the bell which in spite of age
Is vigilant and healthy, and with lusty throat
Faithfully sounds its religious call,
Like an old soldier watching from his tent!

I, my soul is flawed, and when, a prey to ennui,
She wishes to fill the cold night air with her songs,
It often happens that her weakened voice

Resembles the death rattle of a wounded man,
Forgotten beneath a heap of dead, by a lake of blood,
Who dies without moving, striving desperately.

— William Aggeler, The Flowers of Evil (Fresno, CA: Academy Library Guild, 1954)
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martedì 5 ottobre 2010

La Locanda

...il vento spegne le candele e ravviva il fuoco.

Raccontami
della tua locanda
degli uomini soli
dei loro inchini
su fascinose mani.

Matteo Di Stefano
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Essenzialità in pochi versi



Senza Titolo (1932)


Quando ogni luce è spenta
E non vedo che i miei pensieri,

Un'Eva mi mette sugli occhi
La tela dei paradisi perduti.

___________________

Preludio (1934)

Magica luna, tanto sei consunta
Che, riempendo il slenzio,
Poggi sui vecchi lecci dell'altura,
Un velo lubrico.


___________________

Silenzio Stellato (1932)

E gli alberi e la notte
Non si muovono più
Se non dai nidi.


Giuseppe Ungaretti, da Sentimento del Tempo (1919-1935)
Presenti nell'antologia Vita d'un Uomo.



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