Torniamo per la prima volta in questo
nuovo anno al Teatro Millelire in veste formale. Lo avevamo lasciato
con panni informali, nelle prime ore del primo gennaio, dopo la
piacevole serata offerta a base di lauti pasti, buon vino, spettacolo
e intrattenimento. Un tentativo di corruzione? No, abbiamo pagato e
mal volentieri rinunciamo alla sincerità.
C'è odore di ascelle. O forse è quel
che si è tentati di sentire, perché quando si parla di Bukowski ci
si aspetta sempre alcol, prostitute e una certa puzza di sudore. Il
rischio però è quello di cadere in trappola, di costruirsi delle
false aspettative, di identificare lo scrittore coi suoi vizi, la sua
opera col suo stile di vita, tanto da desiderar più che i libri, il
proprio autore: vogliono il Bukowski ubriacone e che parla di
puttane, io glielo do. Ciò che sei spesso ti incatena. Francesco
Nikzad (giovane e promettente drammaturgo) ci propone una versione
inusuale, non un collage di brani estratti dai libri o una lettura,
ma un testo originale che esce dai binari di una troppo facile e
abusata ricostruzione (ormai quasi un cliché) del Bukowski
circodanto da bottiglie e donnine, restituendo il suo pensiero
piuttosto che la sua immagine amplificata dal mito. Protagonista non
è Bukowski, ma Charles, in un'insolita sbronza di sobrietà, non
beve da quattro giorni, senza Linda Lee – uscita, doveva rientrare
subito - solo, sepolto nelle proprie fragilità di vecchio ubriacone
perdente. Si svela, prende coscienza, accende e spegne le luci di
quei pensieri che forse affiorano troppo nitidi, troppo reali.
Accende e spegne, per raccontare agli altri, per raccontare a se
stesso, in una solitudine fatta di carta da pacchi marrone. È il
Charles più nascosto, quello dell'uccello azzurro nel cuore, che ama
e ne sente l'urgenza, che racconta della famiglia, che con uno sforzo
doloroso affronta il male sofferto e resiste ai richiami della
bottiglia. Intimo, debole, nudo. È tutto quello che meno ci si
sofferma a considerare, accecati come siamo dal fascino dell'artista
sregolato. Ma il vecchio Hank, cui da giusta voce e corpo Roberto
Galano, non è un animale da circo, ma solo un uomo da capire, una
notte, usa sola, in cui si ha la fortuna di stare soli con lui. C'è spazio ovviamente per alcune citazioni del celebre
scrittore e poeta, che ben si incastrano con la drammaturgia di
Nikzad, creando una sinuosa continuità tra questa e gli estratti, i
quali arrivano a tagliare l'aria come fendenti di luce di una
lampadina oscillante, illuminazioni furtive di verità.
Con una voce arroccata da fumo e alcol,
un corpo stanco e decadente, cavalcando i silenzi e le immagini del
testo come un uccello azzurro plana sulla solitudine notturna, in un
edificio scenico da lui stesso pensato e diretto per evocare
l'immagine di un uomo impacchettato, Roberto Galano oltrepassa il
mito riuscendo a trasmettere – in un faccia a faccia spesso
ravvicinatissimo che a volte diventa persino contatto fisico con lo
spettatore – un Bukowski più autentico di tante altre sue
caricature. La soddisfazione di molti fan ne è probabilmente la
prova più tangibile.
Alessandro Giova
di Francesco Nikzad
regia e interpretazione: Roberto Galano
compagnia: Teatro dei Limoni – Foggia
8 – 13 gennaio ore 21.00, domenica 18.00 presso
TEATRO MILLELIRE
Via Ruggero de Lauria 22 – Roma
Biglietti: intero €12 - ridotto €8 (prenota ora)
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